Cosa vedremo in questo articolo
Si parla sempre di più di welfare ovvero di benessere sul lavoro e del suo valore nella motivazione dei dipendenti, ma perché questo concetto si è così affermato negli ultimi anni? Da cosa deriva la necessità di creare veri e propri piani di benessere sociale nelle aziende? Come funziona il welfare sul lavoro e in che modo si può implementare concretamente i piani di benessere sociale?
Welfare aziendale: cos’è?
In cosa consiste esattamente il welfare aziendale? Si tratta di un termine che racchiude tutti i benefici e i servizi che una determinata azienda offre ai propri dipendenti. È indipendente dal loro stipendio regolare e lo si applica affinché venga apprezzato il lavoro quotidiano e ci si prenda cura di sé stessi.
Tali benefici possono riguardare vari ambiti della vita professionale, tra cui la salute fisica e mentale, la sicurezza, le condizioni di lavoro confortevoli e l’atteggiamento nei confronti dei lavoratori.
Maggiore è la mole di agevolazioni, migliori saranno i risultati in termini di benessere dei dipendenti.
Dietro la nascita di programmi che supportano il welfare dei dipendenti, c’è una precisa filosofia: dall’idea che un dipendente debba svolgere solo le mansioni assegnate si è passati al concetto di gestione delle risorse umane. Secondo questa visione, i lavoratori costituiscono il patrimonio di un’impresa, il suo vantaggio competitivo, e sono essenziali per il suo successo.
Tali risultati, tuttavia, sono possibili solo se i dipendenti si sentono pienamente motivati al lavoro, seguendo il principio secondo cui un dipendente felice corrisponde a un datore di lavoro felice.
Per avere dipendenti felici, perciò, è necessario che le aziende e, soprattutto i dipartimenti delle risorse umane, intraprendano i passi giusti.
Welfare aziendale in Italia
In Italia, sono tanti gli esempi eccellenti che hanno fatto del welfare aziendale la propria bandiera: da Ferrari a Barilla, da Ferrero a Cucinelli. I loro lavoratori e le rispettive famiglie sono riusciti a percepire l’impresa come un vero e proprio partner di vita.
Anche Intesa San Paolo e Sace si sono mosse nella stessa direzione, seguendo un trend che viene soprattutto dal Nord Europa, che è sempre più in espansione: l’implementazione della settimana lavorativa di 4 giorni.
Il welfare aziendale va a braccetto, poi, con lo smart working. Dopo la fine della pandemia, periodo in cui la formula è stata una necessità, questa modalità si è configurata come un buon compromesso, per consentire ai dipendenti di conciliare le esigenze lavorative con quelle personali.
In sintesi, tra il lavoratore e il datore di lavoro si crea un reciproco scambio che si traduce, per l’impresa, in una redditività migliore e, per il dipendente, in un sostegno nei momenti difficili.
Welfare aziendale: perché è utile
Il motivo per cui oggi c’è bisogno di welfare sul lavoro è legato allo sconvolgimento dell’intero panorama. Difatti, la tecnologia ha trasformato il modo in cui le imprese e le persone operano, modificando non solo il ritmo ma anche la spesa per il lavoro. Non è una novità: siamo cambiati rispetto a decenni fa. Oggi i lavoratori sono più istruiti, consapevoli e informati.
Ci troviamo, quindi, inevitabilmente di fronte a una società che ha cambiato bisogni, richieste e aspettative. I dipendenti moderni desiderano vivere una vita più confortevole e soddisfacente, per compensare la richiesta di tempo, energia e pensieri che continuamente dedicano al proprio business durante il loro lavoro.
Welfare significa, quindi, fare un passo verso i propri dipendenti con investimenti mirati al loro benessere e comfort. Non si tratta, in realtà, di un aspetto puramente organizzativo, gestionale o economico, ma della consapevolezza del datore di lavoro di confrontarsi con una nuova azienda, un’era di lavoro del tutto differente.
Le imprese sono chiamate, insomma, a rivedere e ripensare come incoraggiare, premiare e valorizzare le proprie risorse affinché scelgano di impegnarsi nella propria missione, portando motivazione, idee, creatività e volontà di partecipare alla missione dell’azienda.
Oggi, soprattutto grazie a molteplici studi, sappiamo anche quanto la soddisfazione e il senso di appartenenza dei dipendenti forniscano un notevole ritorno in termini di impegno, dedizione, positivismo, produttività e performance.
Un dettaglio del welfare
Il welfare aziendale aiuta, quindi, le aziende a diventare consapevoli, organizzate e proattive nel realizzare soluzioni per coinvolgere, sostenere e premiare le proprie risorse, grazie a questi incentivi. In questo modo si sentono integrate in un vero e proprio sistema che ruota attorno alla loro vita.
Va detto, infine, che al giorno d’oggi, i dipendenti sono attenti quando si tratta di candidarsi per un particolare lavoro. Prendono in considerazione numerosi fattori, ad esempio il salario offerto e le condizioni di lavoro, la cultura organizzativa e i benefit.
Le imprese, che desiderano attrarre i candidati con il maggior potenziale, non possono ignorare l’importanza del benessere dei dipendenti. Dopotutto, potrebbe succedere che il dipendente che vorrebbero assumere scelga concorrenti che hanno dimostrato di prendersi più cura di lui.
Pertanto, quest’area dovrebbe essere una parte estremamente importante della strategia HR di qualsiasi impresa.
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Come funziona il welfare aziendale
Chiarito il concetto di massima, la domanda sorge spontanea: in pratica, quali misure di welfare adottano le aziende? Spesso, dopo diverse consulenze con esperti del settore, le imprese offrono ai lavoratori alcuni vantaggi:
- accesso alle cure mediche di base;
- sussidio per occhiali correttivi;
- tessera della palestra;
- consulenza sulla salute mentale;
- formazione, corredino per neonati, sussidi per ferie e cibo.
Il numero di benefici può essere illimitato: tutto dipende dalle capacità e dalle priorità dell’azienda. Tuttavia, questi non sono gli unici modi, per prendersi cura del benessere dei dipendenti.
Alcune imprese, infatti, scelgono di implementare una settimana lavorativa di 4 giorni o di ridurre l’orario di lavoro il venerdì, in modo che i lavoratori possano riposarsi un po’ di più, mentre li motivano mostrando riconoscimenti e lodandoli in pubblico per i loro risultati.
Le misure di welfare aziendale, insomma, dovrebbero essere introdotte tenendo conto delle esigenze e delle aspettative dei dipendenti.
Welfare aziendale: pro e contro
Le aziende che hanno a cuore il benessere dei dipendenti vedono un morale in crescita, maggiore motivazione e impegno nel lavoro, nonché livelli più elevati di produttività dei dipendenti.
Non è un segreto che quando i membri del team vedono che il loro lavoro è apprezzato e l’azienda non li tratta semplicemente come forza lavoro, si sentono meglio sul posto di lavoro e anche i loro risultati sono migliori.
Pertanto, prendersi cura del welfare dei dipendenti dovrebbe essere considerato un investimento che si tradurrà nel successo dell’azienda.
Inoltre, la creazione di una strategia di Employer Branding, basata sul benessere dei lavoratori, garantisce un maggiore interesse per le posizioni aperte e consente di scegliere tra i candidati interessati a lavorare in tale ambiente, oltre ad attrarre i migliori talenti.
Allo stesso tempo, ha un impatto anche sugli altri dipendenti, riducendo il turnover del lavoro o il numero di assenze per malattia, il che abbassa il costo delle operazioni quotidiane dell’azienda.
Svantaggi per imprese e lavoratori
Se per i dipendenti l’adozione di un piano welfare aziendale non ha alcuno svantaggio, non può dirsi altrettanto per le imprese.
Innanzitutto, elaborare un piano welfare vuol dire investire a diversi livelli: in primis, in un sondaggio conoscitivo delle necessità e delle aspettative dei dipendenti, poi anche in una consulenza specialistica che traduca i risultati del sondaggio in benefit rispondenti alle aspettative.
L’impresa dovrà, poi, dedicare una risorsa alla sottoscrizione degli accordi, acquistare una piattaforma di welfare, informare i dipendenti, istituire un regolamento e definire delle procedure automatiche. I risultati positivi, inoltre, saranno visibili solo dopo qualche mese, per non dire un anno.
Un altro aspetto da valutare è il rischio di creare possibili disuguaglianze tra i dipendenti; alcuni lavoratori potrebbero beneficiare di servizi e vantaggi migliori rispetto ad altri, creando così tensioni e risentimenti all’interno dell’azienda.
Anche sotto il profilo fiscale, non sempre e non tutte le imprese possono accedere alle detrazioni: la regola numero uno è che il piano welfare sia applicato a tutti i dipendenti in maniera paritaria, pena l’invalidazione degli incentivi.
Insomma, l’impegno economico non è irrilevante e, sebbene la lista dei vantaggi sia molto più lunga di quella degli svantaggi, la valutazione a monte è essenziale, per non rischiare di dissipare il capitale inutilmente o creare tensioni all’interno dell’azienda, ottenendo di fatto il risultato opposto da quello desiderato.
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Welfare: come costruire un piano aziendale
Il welfare aziendale è l’insieme dei benefit che il datore di lavoro offre ai propri dipendenti. Rappresenta, quindi, una serie di beni e servizi selezionati dall’impresa, per soddisfare le esigenze quotidiane dei lavoratori e delle loro famiglie.
La prima azione da intraprendere è, quindi, elaborare un piano welfare aziendale basato sulle specificità dei propri dipendenti.
Si può procedere effettuando un’indagine per sondare le loro esigenze, le mancanze e i desideri. Il sondaggio consente di costruire un piano di assistenza sociale ad hoc per la tua azienda.
Non esistono piani rigidi e precostituiti: un piano di welfare sociale va pensato, costruito e personalizzato con cura.
Molte imprese, per fare un esempio, scelgono di creare piani di assistenza sociale per categorie omogenee di dipendenti a pari livello di autorità o di occupazione oppure per categorie eterogenee di dipendenti.
In entrambi i casi, dovrai decidere se dare alle tue risorse la possibilità di scegliere di ricevere benefici o premi sotto forma di stipendio o l’equivalente in beni e servizi sociali. La tua scelta dipenderà dal tipo di approccio che desideri implementare all’interno della tua impresa.
Welfare on top o premium
È la soluzione sociale applicata a categorie omogenee di lavoratori. Prevede l’offerta di beni e servizi ai dipendenti effettuata unilateralmente dall’azienda e senza l’intervento dei rappresentanti dei lavoratori.
Questo tipo di piano sociale può essere utilizzato solo per beni e servizi non monetizzabili, cioè per i quali non è noto il valore dell’incentivo. Viene chiamato anche welfare premium perché è correlabile con gli obiettivi aziendali.
Welfare contrattuale
Riguarda in genere le soluzioni più semplici, rese obbligatorie da contratti e categorie settoriali, tra queste rientrano anche i Female Benefits.
Fringe Benefits e Flexi Benefits
Per progettare il proprio piano di welfare è importante distinguere le due categorie di benefici che possono essere concessi: Fringe Benefits e Flexi benefits.
- Fringe Benefit: sono pagamenti in natura corrisposti dalle aziende ai propri dipendenti. Sono considerati come una parte aggiuntiva della remunerazione rispetto allo stipendio ordinaria. Si tratta di elementi che, se inseriti in un contratto, vengono forniti al dipendente sotto forma di beni o servizi e non in denaro. Alcuni esempi di Fringe Benefit sono il cellulare, il laptop, la casa, i buoni pasto e il veicolo ad uso privato;
- Flexi Benefit: sono considerati complementari alla retribuzione ordinaria e sono esenti dal pagamento di contributi e tasse. Il loro obiettivo principale è migliorare la privacy del lavoratore, facilitando o alleviando determinati oneri. Qualche esempio ? Prestazioni per coperture sanitarie o aiuti familiari quali asili nido, assicurazioni, abbonamenti a centri sportivi, ecc. I Flexi Benefit hanno risvolti positivi sulla motivazione, sul clima aziendale e sul sentimento di appartenenza all’impresa, influenzando indirettamente performance e produttività.
Categorie di beni e servizi
Dopo aver effettuato un’analisi del target di riferimento, e quindi delle esigenze dei dipendenti, potrai dedicarti alla scelta dei servizi e dei relativi fornitori:
- incentivi economici: comprendono buoni acquisto o pasto, versamenti di bonus in un fondo pensione, possibilità di ottenere prestiti a tasso agevolato;
- incentivi in materia di istruzione: rimborso delle spese sostenute per il pagamento delle rette o del materiale scolastico per i bambini, servizi di doposcuola, centri estivi o sportivi, borse di studio nonché la formazione e specializzazione del dipendente, stage esterni all’azienda;
- incentivi per la gestione familiare: servizi di baby sitting, asilo nido aziendale, sostegno ai familiari malati o non autonomi, congedi parentali per i neo genitori;
- incentivi per lo sport: palestra aziendale o convenzioni con strutture esterne, lezioni collettive, sport all’aria aperta;
- incentivi sanitari: visite mediche e controlli offerti dall’azienda, accesso al medico specialistico, vantaggi sui servizi sanitari e assistenziali;
- incentivi alla mobilità: agevolazioni sui servizi di trasporto, abbonamenti, smart working, auto aziendale, etc.
La tabella qui sotto riepiloga la costruzione di un piano welfare aziendale:
Fonte: datalog.it
Chi ha diritto e chi no
Quali dipendenti avranno diritto al welfare aziendale? La risposta è: tutti. Ovviamente, con delle differenze.
A questo scopo, servirà la redazione di un regolamento che potrà essere consultato per capire e scegliere i benefit di cui usufruire. In particolare, potranno usufruire dei vantaggi i dipendenti:
- che hanno un livello di reddito prestabilito;
- che risiedono a una certa distanza dal posto di lavoro;
- con lo stesso inquadramento;
- con figli;
- con lo stesso livello;
- di una sede specifica.
Insieme a loro, potranno accedere al piano welfare anche:
- coniugi o compagni di fatto;
- figli;
- fratelli e sorelle, anche se hanno in comune un solo genitore;
- genitori;
- nuore e generi;
- suoceri.
Piattaforma welfare aziendale: come gestire il piano
Gli strumenti che collegano i dipendenti alla fornitura di beni e servizi offerti dai partner aziendali sono le cosiddette piattaforme di welfare.
Si tratta di software che consentono ai dipendenti di accedere alle offerte e soddisfare i loro reali bisogni del momento.
Alcune imprese danno anche la possibilità ai lavoratori di proporre nuovi servizi da integrare nell’offerta della piattaforma per soddisfare ulteriori necessità non contemplate.
Ogni dipendente ha il proprio accesso alla piattaforma di welfare in modo personalizzato e con i propri identificatori segreti, così può gestire e organizzare come beneficiare dei propri incentivi, in base alle proprie esigenze.
Migliori piattaforme welfare Italia
In Italia sono almeno 5 le piattaforme di Welfare più utilizzate:
- Aon: la sua creazione risale al 1982, offre programmi e servizi personalizzati e un’area di flexible benefits. Unico neo, l’interfaccia grafica, non troppo user friendly;
- Coverflex: Fondata nel 2020, propone oltre 10.000 tipologie di servizi personalizzabili. La start up sta conquistando le aziende grazie alla dashboard di facile utilizzo;
- Edenred: azienda francese datata 1962 in Francia, è in assoluto la veterana del settore, la prima a lanciare i buoni pasto. Tuttavia, oggi risulta nell’impostazione abbastanza tradizionale e poco innovativa. È il motivo per cui, pur restando un solido punto di riferimento, risulta però superata da altri concorrenti nelle preferenze delle imprese;
- Sodexo: altra francese di lunga data ed esperienza(è nata nel 1966), è specializzata nell’emissione di voucher spendibili presso i punti vendita o gli erogatori dei servizi;
- Noiwelfare: unica italiana della Top 5, si avvale della collaborazione con un’altra azienda leader, Easylife, e mette a disposizione, oltre ai benefit, anche un consulente fiscale e un esperto previdenziale, per fornire supporto alle aziende ai fini delle deducibilità.
Tassazione welfare aziendale
L’adozione di un piano welfare aziendale, infine, consente alle imprese di accedere a degli incentivi fiscali.
La norma di riferimento principale è il TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), che viene integrato, di anno in anno, dalle varie manovre finanziarie approvate dal governo.
Incentivi fiscali per le aziende
In linea di principio, per essere ammessi alla deducibilità fiscale, le aziende devono coinvolgere nei propri piani welfare tutti i dipendenti, secondo il principio della parità. L’articolo n. 51 del TUIR indica l’elenco dei benefit che possono usufruire di uno sconto fiscale Ires e Irap.
Le imprese, che migliorano il benessere dei propri dipendenti, sono premiate dallo Stato con un bonus sui costi lordi degli stipendi dei propri dipendenti che va dal 30 al 40%. Per completezza di informazione, va detto che alcuni contratti di lavoro nazionali hanno reso obbligatorio il piano di welfare. Tali contratti si applicano a:
- argentieri;
- esercizi pubblici;
- gioiellieri;
- metalmeccanici;
- operatori del turismo;
- ristoratori;
- operatori del settore delle telecomunicazioni.
Per tutte queste categorie, la deducibilità è pari al 100%. Per i settori, invece, che non hanno ancora formulato un regolamento, le detrazioni si calcolano nella misura del 5 per mille sul costo dei benefit.
Un’ultima menzione va fatta sui premi che vengono convertiti in welfare: l’operazione, infatti, assicura alle imprese l’esenzione dai contributi Inps.
Benefici per i dipendenti
Ma perché un dipendente decide di convertire un premio in benefit welfare? È semplice, il benefit non è tassato, il premio in busta paga sì.
Se il lavoratore opta, dunque, per quest’ultima soluzione non riceverà l’intera somma prevista come incentivo aziendale, ma un importo da cui sono state dedotte le tasse (circa il 10%) e i contributi (9%).
C’è anche un altro vantaggio legato alla conversione dei premi in welfare. Gli incentivi in denaro devono avere un limite, ma, se il lavoratore decide di convertire il premio in welfare e sceglie, ad esempio, servizi di tipo sanitario, questo limite scompare.
Vuol dire che, a conti fatti, se non guadagnerà materialmente di più, il lavoratore spenderà decisamente molto meno e potrà permettersi controlli di salute altrimenti inaccessibili.
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